La parola ai cuochi
Emanuele Lecce, al timone di La Tavernetta a Camigliatello Silano (CS), racconta del primordiale impegno del padre a promuovere questa razza che da tempo lavorano nel proprio ristorante e della nascita - a suo tempo - di un consorzio di tutela e di un disciplinare che lo ha portato alla conoscenza di Vincenzo, da cui non si è più distaccato.
La famiglia Lecce crede talmente tanto nel lavoro di questo allevatore da portare periodicamente chi lavora nel ristorante in visita a La Sulla, “perché deve conoscere la straordinarietà di questo modo di allevare le podoliche, che esprimono al 100% il territorio calabrese. La loro carne sa di erba, di selvaggio, di bosco” a detta di Emanuele.
L’abilità con i coltelli, che poi è libertà di tagliare pezzi a piacimento e non in maniera standardizzata, è virtù di famiglia in casa Lecce, per cui Emanuele racconta che periodicamente acquista da Vincenzo una mezzena e ne ricava tagli diversi a cui dedicherà lavorazioni diverse: dalle cosce al carré, allo stinchetto, al diaframma e persino le interiora e le ossa.
“Uno dei migliori modi per apprezzare questa carne è da cruda, come tartare, considerato il poco grasso e che non diventa scura, come ad esempio accade con la tartare piemontese -osserva Emanuele-. Ma c’è pure un interessante utilizzo delle ossa per ricavarne un fondo, da cui estraggo un grasso chiarificato, portato alla temperatura di 40°, in cui intingo un controfiletto intero per tre o quattro volte e lascio frollare per 50 giorni. Il grasso filtra all’interno della carne che ne esce veramente morbida”.